lunedì 9 luglio 2012

Euro in caduta dopo Bce, tiene la sterlina. Tornano le tensioni su spread Italia e Spagna





Settimana iniziale di luglio molto difficile per l'euro piombato velocemente sui minimi a oltre 2 anni rispetto al dollaro statunitense a quota 1,223 dollari per poi risalire in area 1,23. Il movimento ribassista della divisa comune europea si è fortemente accentuato giovedì scorso in scia alla decisione della Bce di portare i tassi di riferimento ai minimi storici allo 0,75%. Decisione ampiamente attesa dal mercato che però è stata accompagnata da parole non confortanti di Mario Draghi. Il numero uno della Bce ha espresso preoccupazione circa l'attuale andamento della congiuntura e ha lasciato capire che la prospettiva di un nuovo piano di finanziamenti alle banche (LTRO 3) non sarà presa in considerazione nel breve termine. Sempre giovedì è arrivato l'atteso incremento del piano di allentamento quantitativo da parte della Bank of England, da 325 a 375 miliardi di sterline. La reazione della divisa britannica è stata comunque contenuta con cambio rispetto al dollaro Usa rimasto in area 1,55, mentre si è spinto sui massimi a 3 anni e mezzo sull'euro.

Sull'obbligazionario si è progressivamente smorzato l'effetto calmierante del vertice di Bruxelles con i rendimenti dei bond governativi di Spagna e Italia tornati ai livelli precedenti il vertice. In particolare il rendimento del Btp decennale si è riportato in area 6% con spread Btp/Bund risalito fino a quota 478. Il Bonos decennale è invece tornato vicino alla soglia critica del 7% nonostante i riscontri confortanti arrivati dall'asta di giovedì scorso con l'allocazione di titoli a medio-lungo termine per 3 mld (massimo dell'ammontare previsto). E' tornata a finanziarsi sul mercato l'Irlanda a quasi 2 anni di distanza dall'ultima volta (settembre 2010) collocando titoli a breve (3 mesi) per 500 mln di euro

L´agenda di questa settimana vede il 12 giugno il meeting della Bank of Japan che quest'anno già due volte (febbraio e aprile) ha aumentato l'entità del piano di allentamento quantitativo volto a stimolare l'economia. I tassi sono attesi invariati nel corridoio 0-0,1%. Venerdì la Bank of Japan, per la prima volta dal 2009, ha alzato le stime di crescita economica su tutte le 9 regioni del Paese, rimarcando il rafforzamento delle spese per consumi. Il premier Noda ha però posto l´accento sui problemi derivanti da fattori esterni (crisi del debito europea) che mantengono lo yen a livelli alti, frenando così l´economia.

Da monitorare nei prossimi giorni l´andamento del dollaro australiano che settimana scorsa aveva toccato i massimi a 2 mesi sul dollaro Usa sospinto dai forti riscontri arrivati da permessi edilizi e vendite al dettaglio relativi al mese di maggio. L'aussie dovrà fare i conti giovedì con i responsi di maggio del mercato del lavoro australiano e soprattutto con la diffusione venerdì del Pil cinese visto che il gigante asiatico risulta il principale partner commerciale del Paese oceanico.

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Fonte: Barclays Capital

domenica 24 giugno 2012

Se torna la Lira, quanto vale? Ecco una stima



Se l'Euro crollasse e tutti i Paesi dovessero tornare alle proprie monete, quanto varrebbero Lira, Dracma, Pesetas, Marco? 

Per tentare di fare una stima è molto utile osservare l'andamento dei bond europei: secondo molti un'esplosione dell'Euro comporterebbe nei Paesi periferici dell'area (quelli con il debito pubblico più alto e traballante, ovvero Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia) un'esplosione dei rendimenti dei bond, riportandoli ai livelli pre-euro. Questo però a fronte di un marco molto più potente di allora e che sarebbe dunque ancora di più la moneta di riferimento per i cambi.

Tentiamo di fare delle stime. Nel 1993 - come evidenziato in un'analisi di John Greenwood, chief economist di Invesco - i Bund a 10 anni pagavano il 6,5%, i rispettivi Btp il 10,8%, i Bonos il 9,9%, gli Oat francesi il 6,45%, i bond del Portogallo il 10,57% e i bond di Dublino il 7,3%. Livelli certamente superiori a quelli attuali dove impressiona il tasso della Germania che oggi invece paga sugli stessi titoli l'1,4% nominale. Se però ci spostiamo a fine 1997 (quindi sempre nella fascia temporale pre-euro) il quadro cambia profondamente. I Bund tedeschi pagavano il 5,5%, i BTp il 6,1%, i Bonos il 5,9%. Tra il 5,5% e il 6% anche i titoli di Francia, Portogallo e Irlanda. Ci si avviava alla stabilizzazione delle varie monete, che oggi per forza di cose non potrebbe più essere. La Germania si è rafforzata parecchio, a tal punto che oggi paga i suoi bond quasi all'1% mentre dieci anni fa li pagava al 6% e questo a fronte di altri Paesi, come Italia, Spagna, Grecia, Irlanda, che sono rimasti stabili o hanno fatto il processo inverso.

Ma è proprio dall'andamento dei bond e dai loro differenziali nel periodo pre-euro che possiamo fare una stima (seppure approssimativa) di quanto varrebbero Lira, Dracma, Pesetas, ecc. 


Prendiamo la Lira italiana, ad esempio. Nel 1996 un Marco tedesco valeva 990 Lire. Nel 1998 quando venne stabilita la parità tra le monete della zona Euro valeva più o meno mille lire, ma a ottobre del 1992 valeva ben 1300 lire. E' probabile che oggi, se si tornasse a monete separate, con un Marco ancor più forte di allora e una Lira leggermente più debole, ci vorrebbero più o meno 2mila lire per fare un Marco.

Per quanto riguarda la Spagna, nel 1993 pagava sui suoi bonos un tasso dell'8,9% contro il 6,5% dei Bund. Nel dicembre del 1997 la Spagna pagava sui Bonos un tasso del 5,97% contro il 5,45 della Germania, oggi paga il 5,33% contro l'1,18 della Germania. Questo vuol dire che se nel 1998 quando fu fissata la parità delle monete un marco valeva 85 Pesetas, oggi ne varrebbe almeno 250.

La Francia nel 1993 pagava sui suoi Oat il 6,54% di interessi, molto vicino al tasso tedesco nel 6,5%. Nel 1997 questi tassi si erano ridotti al 5,4% mentre oggi sono intorno al 2,8, più o meno un punto percentuale sopra agli interessi tedeschi. Questo vuol dire che se nel 1998 quando fu fissata la parità delle monete un Marco valeva circa 3 Franchi francesi, oggi ne varrebbe almeno 4 o 5.

Per quanto riguarda la Grecia, al momento dell'entrata nell'Euro il Marco valeva 174 Dracme. Adesso si potrebbe calcolare che ne varrebbe cinque volte di più. Stessa storia per l'Escudo Portoghese e la Lira irlandese: Portogallo e Irlanda sono gli unici Paesi che oggi pagano un'interesse sui propri bond più alto di 15 anni fa. Ciò significa che, se si tornasse alle monete nazionali, anche Escudo e Lira sarebbero molto svalutate. Allora se nel 1998 un Marco valeva 102 Escudi e 0,40 Lire irlandesi ora varrebbe almeno 400 Escudi e 2 Lire irlandesi. 



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Fonte: BlitzQuotidiano.it

mercoledì 6 giugno 2012

Draghi: le mosse del governatore per scongiurare il crollo dell'unione



Banche spagnole in cerca di un salvataggio. Elezioni greche che minacciano l'eurozona. Dibattito sull'Unione fiscale europea che divide rigoristi e difensori delle misure pro-crescita.
In questo contesto incerto e pieno di insidie, l'Europa politica trattiene il fiato, mentre milioni di europei ascolteranno con speranza l'atteso intervento di Mario Draghi, il "super Mario" che da novembre guida la Banca centrale europea. E che ha già dimostrato di saper sorprendere i mercati con provvedimenti inattesi. Il copione si ripeterà anche oggi? Riuscirà Supermario a incidere sul futuro dell'Unione? O le sue parole saranno transitorie, istituzionali e tradiranno le (forse eccessive) aspettative della vigilia?

I precedenti di "super Mario"
Mario Draghi è alla guida della Bce da novembre. La prima mossa, appena insediato, è stata quella di ridurre i tassi di interesse all'1%. Allora sorprese tutti gli analisti, che avrebbero scommesso sul fatto che il taglio sarebbe arrivato a dicembre. Poche settimane dopo, Draghi ha di nuovo sorpreso tutti "inventandosi" il prestito Ltro, un "quantitative easing" in salsa europea: di fatto, un modo per offrire capitali alle banche al tasso agevolato dell'1% per tre anni. E per distribuire 1.000 miliardi di euro destinati all'economia reale (almeno sulla carta). Da soli, questi due precedenti giustificano l'attenzione verso quello che dirà oggi l'ex governatore della Banca d'Italia.

L'Europa al bivio e le tre incognite per Draghi
In pochi vorrebbero essere al posto di Draghi in questo momento. Guida un'istituzione autorevole, cui però mancano pieni poteri in fatto di politica economica europea. Ma nello stesso tempo con le sue parole e le sue azioni può indurre i decisori (politici) a creare quell'unione fiscale che sembra poter garantire un futuro stabile all'Europa. E tutto questo Draghi lo deve fare con cautela, facendosi spazio tra almeno tre minacciose incognite.

Giugno: il mese "infernale" per l'Euro
La prima: l'esito delle elezioni politiche in Grecia il prossimo 17 giugno, che potrebbero mettere a rischio la tenuta dell'Eurozona (nel caso dalle urne emergesse una maggioranza anti-europeista). La seconda: il salvataggio delle banche spagnole, al momento senza soluzione (europea). Se il destino degli istituti spagnoli sarà affidato a Madrid, aumenterà il deficit della Spagna. Il "fiscal compacct" perderà ulteriormente credibilità. E l'euro poggerà sempre più su basi d'argilla. La terza incognita, quella che oggi appare più decisiva, riguarda gli esiti del prossimo vertice europeo del 28-29 giugno: due giorni in cui i capi di governo dovranno passare dalle parole (tante) alle azioni (fin qui poche e contrastanti). Per iniziare un cammino che porti a proposte concrete capaci di garantire una maggiore stabilità dell'area euro. Magari in cambio di un allentamento sul fronte del "rigore a tutti i costi". E della rinuncia di una parte della sovranità nazionale.


Draghi: che fare?
Che cosa farà, in questo contesto, il governatore della Banca centrale europea? Lascerà i tassi fermi mettendo in atto una strategia "wait and see", tenendosi per luglio la "cartuccia" del taglio del denaro? O sceglierà di tagliarlo subito? Se lo facesse, sarebbe un taglio storico: la Bce non è mai scesa sotto la soglia dell'1%. Il taglio sarebbe un segnale a chi – come i banchieri e i politici di Francoforte – chiedono "garanzie reali da parte dei governi dell'Eurozona per rimuovere le cause della crisi del debito sovrano".
Dall'agenda di "super Mario" potrebbe uscire anche un nuovo Ltro. Gli analisti non lo escludono, ma pochi ci scommettono: lo stesso Draghi ha recentemente spiegato che i primo 1.000 miliardi "non sono ancora entrati del tutto in circolo nell'economia reale". Però il governatore potrebbe confermare liquidità illimitata per le banche, nell'ambito delle operazioni di rifinanziamento. E sempre sul fronte "liquidità" Draghi potrebbe annunciare un nuovo piano di acquisti di titoli di Stato sul mercato secondario, per allentare la tensione sugli spread di Italia e Spagna, che hanno ripreso a correre. Non a caso, da 4 mesi la Bce non opera sul mercato secondario per acquistare BTp o Bonos.

Verso la riforma della Bce
Ma forse l'annuncio più atteso riguarda quello relativo a una riforma della Bce. Draghi potrebbe svelare un piano politico per dare più poteri alla Banca centrale europea, per renderla più simile alla Federal reserve statunitense. Infine, Draghi potrebbe dar corpo ai rumors che da giorni alimentano le ipotesi sulla nascita di un'unione bancaria europea che possa salvare le banche avendo accesso al nuovo fondo europeo Esm (al via a luglio).
La Spagna potrebbe così trovare i 40 miliardi di euro necessari a salvare gli istituti iberici in crisi. Ma, soprattutto, l'unione bancaria sarebbe un primo passo per far crollare le resistenze tedesche verso la nascita degli Eurobond. Le trattative – già in corso – potrebbero finalmente sfociare verso un accordo capace di spostare in avanti gli orizzonti dell'Unione Europea.

Restiamo in attesa...

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Fonte: Sole24Ore