giovedì 12 febbraio 2009

Continua la fase di incertezza ...

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Continua la fase di incertezza sui mercati anche se, rispetto a qualche tempo fa, si nota una
volatilità in fase di restringimento.

Soprattutto sul mercato dei cambi notiamo una fase di trading range sul cambio principale, l’Eurusd, tale da frenare anche i cross e i cambi derivati, anch’essi fermi in attesa di un
qualche evento scatenante.

A dire il vero, l'unico cambio che ancora si muove è la sterlina, che però dipende dalla disperazione tutta inglese, manifestata perfettamente dall’Inflation Report presentato dal Governatore della Boe ieri.: tale pubblicazione e soprattutto il pessimismo del governatore, hanno immediatamente causato la caduta della sterlina in area 1.4350, dopo che meno di due sedute fa si navigava ancora in area 1.4900, mentre contro Euro si è passati da un livello di 0.8630 a 0.9000 nel giro di 24-48 ore.
King ha affermato che le misure straordinarie adottate non stanno producendo gli effetti desiderati, e l’inflazione sarà dello 0.5% annuo entro due anni, fatto che potrebbe causare ulteriori tagli di tassi nel prossimo futuro.
Questa ormai è la tendenza di quasi tutte le Banche Centrali, ad eccezion fatta della Bce che però taglierà ancora i tassi nel prossimo meeting di marzo portandoli probabilmente all’1.5%.
Si deve attendere quello che potrà essere definito come una delle ultime riduzioni prima di azzardare eventualmente un recupero della moneta unica, anche se più di qualche Euroscettico è convinto che i problemi legati ai deficit dei cosiddetti PIIGS (ovvero Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) potranno avere influenze significative sulla moneta unica nel medio termine.

Tra le Banche Centrali segnaliamo il taglio di 100 basis point della Banca Centrale svedese che ha portato i tassi all’1%, in linea con i tassi inglesi, mentre non si devono escludere ulteriori riduzioni anche in Australia e Nuova Zelanda.

In sostanza, siamo in una fase interlocutoria, in cui gli investitori ancora non azzardano ad investire e a rischiare, ma stanno alla finestra in attesa di un evento scatenante.


Bye!!


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lunedì 2 febbraio 2009

Valute: quale futuro?

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Volete scoprire che tempo farà sui mercati valutari nel 2009? Seguite l'andamento delle Borse e potrete farvi un'idea. L'equazione potrà sembrare azzardata o fin troppo semplicistica, ma è forse la formula più adatta a riassumere le aspettative per i prossimi mesi degli economisti su euro, dollaro e soci.

A muovere le monete, da almeno sei mesi a questa parte è infatti soprattutto l'avversione al rischio degli investitori: quello stesso fenomeno che ha accompagnato il crollo dei listini azionari e contemporaneamente propiziato il forte recupero di due valute, dollaro Usa e yen, nei confronti dell'euro.

Fino alla scorsa estate era di moda parlare di carry trade, quella particolare (e rischiosa) operazione con la quale gli investitori istituzionali si indebitavano nei Paesi con tassi di interesse più bassi (Giappone in primis) per investire dove il costo del denaro era più elevato (Australia all'interno del G-10, ma anche Eurozona e Gran Bretagna), affossando in questo modo le valute dei primi e spingendo al rialzo le altre.

La tempesta che ha travolto il mondo finanziario ha tuttavia ribaltato le carte in tavola, favorendo il recupero di yen (+30% sull'euro dallo scorso luglio), ma anche dollaro e franco svizzero, rifugi mai dimenticati dagli investitori nelle fasi di turbolenza più acute.

Per questo potrà essere utile seguire le evoluzioni dei mercati azionari per capire che aria tirerà nei prossimi mesi: se la tensione resterà elevata (e l'indice Vix della volatilità attesa sull'S&P 500 di New York è un barometro da tenere in grande considerazione) la tendenza al rafforzamento del dollaro sarà destinata a proseguire. Viceversa, a ogni schiarita in Borsa è da mettere in conto un recupero dell'euro.

Se si dovesse giudicare dalle attese degli analisti, le dieci candeline appena spente non dovrebbero portare troppo bene alla valuta europea e il 2009 potrebbe essere ancora un anno ricco di tensioni. Le previsioni raccolte da Bloomberg (riportate nella tabella qui a fianco e nei grafici della pagina successiva) indicano anche per i prossimi mesi un cambio euro/dollaro ben lontano da quota 1,60 toccata soltanto l'estate scorsa: rispetto all'1,31 di due giorni fa, l'indicazione media degli analisti prevede una discesa fino a 1,28 attorno all'estate seguita da un recupero non troppo convinto (1,35 a fine 2009, ma 1,30 a fine 2010) e un andamento simile nei confronti delle altre principali valute del globo: yen, sterlina e franco svizzero.

Insomma, un futuro se non nero, abbastanza grigio per la valuta comune, sulla quale non sono però soltanto le già citate incertezze sui mercati internazionali a pesare. Gli investitori hanno infatti relegato in secondo piano, ma non hanno del tutto dimenticato gli altri indicatori – più strettamente macroeconomici – che di solito muovono le valute: l'andamento dei tassi di interesse, la crescita o la bilancia commerciale di un Paese. Visto sotto questo aspetto, le prospettive dell'Eurozona appaiono meno rosee rispetto a ciò che attende gli altri Paesi, se si eccettuano il Regno Unito e la sterlina (dei quali si parla in modo più diffuso nell'articolo sotto): la sensazione generale è che saranno gli Stati Uniti a uscire con il passo più rapido dalla recessione attuale.L'Eurozona, da parte sua, si troverà a fare i conti con una complicazione ulteriore: la delicata situazione delle finanze pubbliche di alcuni Paesi, un fardello aggravato dai necessari interventi a sostegno dell'economia e che pesa notevolmente sull'affidabilità di questi, come testimonia l'allargamento record degli spread nei confronti del debito tedesco. La tensione, sotto questo aspetto, è così alta che è in continua crescita il partito di quanti pronosticano nei prossimi anni la possibile uscita dall'Unione monetaria di uno degli aderenti, con quelli che il mondo anglosassone ama definire i «Pigs» – Portogallo, Italia, Grecia e Spagna – fra i principali indiziati.

Pura fantascienza?

Può darsi, ma la sola ipotesi di uno sfaldamento dell'Unione monetaria è in grado di frenare almeno per qualche mese la sete di rivincita dell'euro.

Bye


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Fonte: Sole24Ore